luglio 26, 2008

Modernità e vecchiume nella Città Eterna... ma non solo



L'edificio realizzato dall'architetto americano Richard Meier per la nuova sistemazione dell'Ara Pacis scatenò un putiferio di critiche in quanto, secondo il gusto di molti, la struttura non "rispetta" la città che vi è intorno. In altre parole, la struttura è troppo... moderna! Una vicenda analoga si ebbe anche per la ristrutturazione del Teatro alla Scala ad opera dell'architetto Mario Botta (per info www.botta.ch).

Questo atteggiamento la dice lunga sulla visione che hanno gli italiani non solo dei propri spazi urbani, ma anche sull'impossibilità provinciale di staccarsi da un certo modo di vedere le cose e il mondo che li circonda. Questo atteggiamento ovviamente si riverbera in tutti i settori della vita quotidiana, politica, sociale ecc.

Infatti c'è qualcosa in questo Paese che frena il passo avanti, che costringe i giovani a non poter crescere nel lavoro, che ostacola il mutamento. Addebito le cause a quello che io chiamo "vecchiume psicologico". Pensiamo ad esempio al caso dell'università italiana (romana?): collaboratori, studiosi, ricercatori costretti fino a 40 anni, se non di più, a fare gli assistentini del barone bicentenario che lascerà la sua cattedra solo dopo aver compiuto il primo secolo di vita.








Giovani preparati, che vantano collaborazioni estere ed esperienze formative di alto livello, devono passare metà della loro vita a fare i "sottopanza" finché il loro Prof non tira le cuoia, sempre che, dopo, la cattedra non passi al figlio! Altrimenti non si capisce perché in Italia vadano avanti solo gli imbecilli e i privi di talento, i maleducati, gli ignoranti e i pidocchi rifatti. Ora, polemiche a parte, c'è davvero da pensare alla fuga.

I nostri coetanei esteri, per esempio, sembrano più giovani di noi, la mentalità più aperta, settori della vita meno drasticamente vissuti, lavori meno impegnativi dal punto di vista psicologico. Le loro città, vedi Berlino, Parigi ecc, sono cantieri a cielo aperto, sempre pronti al nuovo. In Italia invece, tutto resta com'è per paura che cambi troppo...

Eh, aveva ragione il caro Tomasi di Lampedusa quando scriveva che affinché tutto resti com'è c'è bisogno che tutto cambi.... L'aveva capito lui! Ma, come si sa, gli artisti stanno sempre troppo avanti rispetto alla società in cui sono costretti a vivere.

Anto

luglio 20, 2008

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate




google images


Dante Alighieri, Commedia, Inferno, Canto V

luglio 18, 2008

Martirio di Giovanni Battista

In quel tempo Erode, il tetrarca, udì della fama di Gesù, e disse ai suoi servi: «Costui è Giovanni Battista; egli è risuscitato dai morti e perciò le potenze soprannaturali operano in lui». Erode, infatti, aveva arrestato Giovanni, lo aveva incatenato e messo in prigione, a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo. Perché Giovanni gli diceva: «Non ti è lecito di convivere con lei!».

E, pur volendo farlo morire, egli temeva il popolo, che lo riteneva un profeta. Ora, mentre si celebrava il compleanno di Erode, la figlia di Erodiade danzò in sua presenza e piacque a Erode, tanto che egli le promise con giuramento di darle tutto ciò che gli avesse chiesto.

Ed ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni Battista». Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e per riguardo degli invitati che erano con lui a tavola, comandò che le fosse data. Così mandò a far decapitare Giovanni Battista in prigione; e la sua testa fu portata su un piatto e data alla fanciulla; ed ella la portò a sua madre. Poi vennero i suoi discepoli, presero il corpo e lo seppellirono; in seguito essi andarono a riferire l'accaduto a Gesù.

Vangelo di Matteo






Visioni d'artista

Come possiamo vedere, la tela di Caravaggio (361 x 520 cm), si concentra sugli ultimi momenti narrati dal Vangelo di Matteo. Il sicario, la misericordia in pugno ("misericordia" era appunto il nome di un certo tipo di pugnale) si accinge a portare a termine il lavoro cominciato. L'autore, in questa scena di alta drammaticità, dà per scontato che chi la contempli ne conosca la storia antecedente.

Così sembra, ma, a ben guardare, l'immagine vive di una propria dimensione storica, o a-storica se vogliamo: Giovanni si sottomette al martirio senza opporre resistenza, ad un'osservazione ravvicinata, nel suo volto non potremo scorgervi i segni dell'orrenda mutilazione, il boia, anch'esso, sembra compiere un gesto di routine, la presa ferma, non un'esitazione, c'è in un lui un'amorale indifferenza per l'atto che sta compiendo.

Gli altri personaggi invece, dalla giovane col vassoio, i prigionieri, l'anziana con le mani alla testa, il carceriere, vivono invece nel pieno dell'avvenimento, ognuno reagendo a suo modo. Spostati in blocco a sinistra i personaggi, il resto del quadro vive nelle ombre perenni, la luce infatti si focalizza al massimo della sua intensità proprio sulla schiena del boia e sulla spalla nuda di Giovanni.

Se non fossimo a conoscenza della storia, non saremmo in grado di percepire l'importanza del momento, questo perché Caravaggio non si è preoccupato dei dati storici (a parte il vassoio portato dalla ragazza, l'unico elemento, insieme all'abbigliamento calato sulle gambe di Giovanni, che possa offrire un riferimento al contesto in cui la scena si colloca), tutto concentrato com'era sul momento capitale, l'atto supremo, quasi un rito iniziatico non senza chiari allusioni sessuali (il pugnale, la posizione di Giovanni e quella del boia, i due carcerati sulla destra, la presa sui capelli della mano sinistra del boia).

Anto2008


luglio 09, 2008

Speciale Wagner

Il poeta Arthur Rimbaud scrisse, nella ormai nota Lettre du Voyant , a proposito di Baudelaire: “Re dei poeti, un vero dio”, e a ragione, soltanto dimenticò di riferirsi con tali termini a colui che “l’umanità attendeva da tempo”, il “frutto maturo e lungamente atteso dalla nazione tedesca e dall’intero genere umano”: Richard Wagner. Il genio che avrebbe aperto spazi fino ad allora inesplorati, interi ammassi, galassie sconosciute all’uomo; l’artista, il poeta dell’800, luoghi dell’anima e della creazione, dispersi dall’alba del mondo. Colui che tentò di rubare il sacro fuoco per portarlo tra gli esseri viventi, per poterlo esprimere con qualsiasi mezzo artistico, e si fermò di fronte la propria opera con occhi attoniti: molto c’era da dire con parole e un linguaggio nuovo, questa la conclusione. In Francia, Baudelaire riconobbe presto (e chi se non lui, pari genio e pari Dio), o meglio, seppe ascoltare quelle “acque profonde” (per dirla alla Magritte) che si muovevano e si agitavano sotto la superficie apparentemente liscia. Le acque profonde, la memoria latente, tana abissale dei ricordi, che saranno sondate più tardi da Proust, altro genio incontrastato del Novecento, altro uomo dedito, come Wagner, alla pura e semplice Creazione. Richard Wagner, il compositore, l’artista, l’uomo, il sognatore… il musicista che più di ogni altro ha scavato le radici del mondo e dell’essere umano, ha calpestato gli dèi, per poi impossessarsi del loro fuoco creatore, è riuscito, come direbbe Dante, a porre “mano e cielo a terra”, un vero e proprio Prometeo moderno...

Anto2008










luglio 08, 2008

Sull'Arno d'argento...



Novembre, 2007. Mia prima visita a Firenze. Piazza della Signoria dove adoro le opere di Giambologna e Cellini. Lunga attesa per entrare agli Uffizi. La Venere di Botticelli, tanto sospirata, devo dire che mi lascia poco entusiasta. Mentre invece mi colpiscono molto Gentile da Fabriano, Leonardo (che un tempo pensavo non dovesse colpirmi poi troppo), Guido Reni, Raffaello e Andrea Del Sarto, Filippo Lippi.

Ricordo che al liceo ero un grande "novecentista", mi piacevano soltanto l'Espressionismo tedesco, Magritte, Kandinsky. Mi erano indifferenti i vari Wahrol, Pollock, mentre ho sempre amato Hopper... Poi però, con gli anni, ho imparato, come un bambino, a sentire quelli che allora per me erano solo altri "rumori di fondo" dell'arte.

E invece quanto mi accorgo che era l'arte stessa che parlava come un oracolo attraverso di loro!... Insomma, due ore di fila per entrare, ma poi mi sono sentito male di fronte tutto quello splendore.

Perché io tra le opere d'arte mi sento come a casa, mi passano le angosce, non penso che alla bellezza, alla storia, vengo rapito a questo oscuro presente senza connotati di civiltà. Mi lascio sopraffare finalmente da un mondo più umano, da sentimenti più puri, e da una cascata di beatitudine, come un vortice in una candida rosa...






Giambologna "Ratto delle sabine"